Anam ha scritto:
Prima scrivi che: "non incorri nel rischio di prenderti per i fondelli e peccare di presunzione se lo pensi" (tu sei Quello, immagino).
Poi chiudi rilevando che: "la mente non sa nulla di ciò che tu veramente sei".
Il fatto è che entrambi gli asserti (bella ve' questa parola, l'ho scoperta stamattina
) sono veri, ma sono pure in contraddizione fra loro.
Se è vero che la mente non sa nulla di ciò che tu veramente sei, ed è pur vero che non si pecca di presunzione pensandolo, a che serve pensarlo se la mente non ne sa nulla?
In realtà, pensandolo, sto compiendo un'azione (mentale) perfettamente inutile e anche dannosa in quanto comunque produttiva di karma.
La contraddizione è solo apparente, ti assicuro.
Il primo asserto è rivolto a quella parte del Sé (jiva) identificato al complesso corpo-mente-sensi (upadhi) e per via di questo malinteso ignorante della propria natura in quanto ordinaria, imperturbabile, illimitata, non agente e non duale consapevolezza.
Il secondo asserto si riferisce al complesso corpo-mente-sensi stesso, un'appendice limitata di materia inerte che riproduce meccanicamente modelli di comportamento secondo programmi prestabiliti e la qualità dei guna prevalente. Una macchina che apparentemente prende vita in ragione della presenza "illuminante" della coscienza che svolge le seguenti funzioni meccaniche: i sensi percepiscono, la mente riproduce una immagine coerente e dubita del risultato, l'intelletto delibera, discrimina e decide (basato sull'input che riceve dal corpo causale, o magazzino delle vasana), la mente che rientra nuovamente in gioco per trasformare i pensieri in azione tramite le emozioni, e a chiudere l'intero siparietto lo sciocco di turno (ego) che si attribuisce la paternità dell'azione.
Riferendomi al soggetto del primo asserto, è essenziale ricordarsi che in quanto consapevolezza non stai facendo nulla di tutto questo, semplicemente illumini l'intero meccanismo e per induzione lo metti in funzione. Le emozioni (mente), i pensieri (intelletto) e le azioni (ego) non sono tue. Li testimoni. Sei semplicemente la consapevolezza testimoniante in cui queste funzioni appaiono e trovano espressione.
Tutto questo sulla base ed in conformità dell'auto-indagine atma-anatmaviveka, la vera essenza del Vedanta, la discriminazione tra il reale e l'apparente, il Sé ed il non-Sé, incentrato sull'asserzione che quello che vedo non posso essere.
Per quanto concerne il karma, essa ti appartiene fintantoché intrattieni la nozione di essere l'artefice delle azioni. Gli animali per esempio non hanno karma perchè il buon Dio (Ishwara o campo Dharmico) non li ha dotati di quella disgrazia dell'ego, pertanto non sono in grado di sviluppare quella sciocchezza del libero arbitrio.
Anam ha scritto:
Il sole c'è sempre, a prescindere dal fatto che si abbiano gli occhi aperti o chiusi, ma se i miei occhi sono chiusi il sole non c'è, per me, e non mi serve a niente pensare: il sole c'è, se non mi dò una mossa per vederlo.
In ogni caso, per vederlo, tocca aprire gli occhi e togliere le cispe che li ricoprono.
Mettiamo il caso che io apra gli occhi e per un momento veda il sole. Perfetto! L'ho visto, ho avuto l'esperienza dell'esistenza del sole, del suo calore, della sua luce, del suo mirabile splendore.
Poi però il desiderio di dormire un altro poco mi prende e il sole sparisce di nuovo.
Bell'affare! L'ho visto per un attimo, dopo aver fatto lo sforzo di aprire e pulire gli occhi, e già è sparito.
Vedere il sole anche solo per un attimo è bellissimo, ma - ahimè - si tratta di un barlume e nulla più.
Per continuare a vederlo dovrei restare sveglia e non lasciarmi trascinare dal desiderio di sonno, o da qualunque altro desiderio, benché infimo, se è per questo.
Finché ci sarà il sia pur minimo desiderio di qualcosa che non sia il sole, lo perderò di vista.
Tuttavia, pur se arrivassi a una condizione senza desiderio, potrei forse godere dell'ininterrotta visione del sole, ma non basterebbe ancora, perché manca la realizzazione per identità: io sono il Sole.
Insomma, latriplice, limitarsi a pensarlo è del tutto inutile, se non dannoso.
........sorvoliamo và. Raccontala all'ego. La storiella. Maya ha la facoltà di rendere possibile l'impossibile: trasformare il vero Soggetto in oggetto di ricerca e porlo in periferia. E indovina un pò chi mettiamo al centro dello spettacolo? Il povero e vituperato ego.
Anam ha scritto:
A proposito, come sei messo a desideri?
Ti rispondo con un'altra domanda, anzi una serie di domande che mi sono state utili per la mia auto-indagine:
1) C'è mai un momento quando puoi dire che non sei te stesso/a ?
2) C'è mai un momento che non sei consapevole (pensa attentamente a questa)?
3) Ci sono oggetti che appaiono alla tua coscienza di cui sei inconsapevole?
4) C'è mai stato un momento in cui non sei esistito/a ?
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