"....ma non lo puoi pensare. Dirti: "sono Dio" significa evocare il Divino, ma senza concettualizzarlo, senza immaginarlo, senza figurarlo..."Bo ha scritto:
Solo non può essere "creduta". È vera, ma non la puoi credere vera. Il credere è un inferire, una concettualizzazione.
«Ahaṁ brahmāsmi: Io sono Brahman» (Bṛhadāraṇyaka Upaniṣad, 1, IV, 10), può essere meditato, ascoltato risuonare interiormente, ma non lo puoi pensare. Dirti: "sono Dio" significa evocare il Divino, ma senza concettualizzarlo, senza immaginarlo, senza figurarlo. Non ricordo chi lo disse: "Se lo pensi non è il Tao!".
Evidente il riferimento al nivirkalpa samadhi.
L'idea che il nirvikalpa-samadhi, uno stato in cui non sorgano pensieri nella mente, possa essere utilizzato come sadhana, pratica spirituale, suggerisce un fondamentale equivoco sulla natura della mente. L'apparizione delle forme pensiero, costituenti essenziali della mente, non è sotto il controllo del jiva, l'apparente persona individuale. I pensieri sono la prole di impressioni latenti (vasane) in uno stato dormiente all'interno del corpo causale, che entrano nel corpo sottile senza preavviso a causa della legge inviolabile del karma. Per questo motivo, nirvikalpa-samadhi non è un'esperienza che può essere controllata e quindi utilizzata come pratica ripetibile.
Certamente, il nirvikalpa-samadhi è una esperienza altamente venerata o, forse più accuratamente - non esperienza - nel mondo spirituale. Non soltanto è indice di aver coltivato una mente sufficientemente pura (sattvica), ma consente l'esaurimento spontaneo delle vasana. Poiché tutta l'esperienza è naturalmente limitata (cioè, ha un inizio e una fine), l'esperienza stessa non può offrire una pace e una felicità permanente che è la finalità ricercata in tutte le attività spirituali.
Il valore dell'esperienza, dunque, non è la qualità dell'esperienza stessa, ma la conoscenza che viene trattenuta o acquisita da essa.
A questo proposito, però, il nirvikalpa-samadhi è utile quanto lo stato del sonno profondo perché l'intelletto non funziona mentre si trova in quello stato di totale oblio. Possiamo dire che lo stato coscienziale che si raggiunge nel nirvikalpa-samadhi è un riflesso accurato della immodificata natura illimitata del Sé, ma purtroppo l'intelletto stesso si trova in una condizione dormiente nel corpo causale e pertanto non è disponibile a elaborare l'esperienza (o non-esperienza) e acquisire la conoscenza che riguarda la natura essenziale non duale della realtà e la propria vera identità come consapevolezza illimitata.
L'esperienza del nirvikalpa-samadhi, ovviamente, può essere molto preziosa in termini di sadhana se viene "usata" correttamente. In altre parole, la successiva contemplazione dell'esperienza del nirvikalpa-samadhi, l'esperienza cioè della temporanea assenza dell'apparire di qualsiasi forma di pensiero nella mente, può dare frutti se si è in grado di "vedere" (cioè, capire) attraverso un'analisi sottile, che l'esperienza in questione è semplicemente un riflesso della illimitatezza che è la propria natura essenziale e che in quanto tale è lo "sfondo" o lo "schermo" sempre presente di una consapevolezza pura su cui vengono proiettate tutte le forme pensiero.
"....Essa è proprio oltre la mente, è ciò che illumina la mente...."Bo ha scritto:
Qualunque cosa possa essere oggetto di pensiero, non è la meta in sé. Essa è proprio oltre la mente, è ciò che illumina la mente.
È un risveglio, così come al mattino ci si sveglia perché il sonno termina, così terminato il flusso causale ci si risveglia oppure, con la via diretta, si bypassa, si cortocircuita anche il flusso causale, è il libero arbitrio dell'Essere, risvegliarsi alla propria consapevolezza.
Esattamente.
Il nocciolo della questione è che il nirvikalpa-samadhi è la nostra vera natura. Siamo pura consapevolezza. Il complesso mente-corpo-sensi con il quale ci identifichiamo erroneamente come noi stessi, non è altro che un meccanismo inerte che svolge spontaneamente una varietà di funzioni, vale a dire pensare, sentire e fare quando è illuminato dalla consapevolezza (cioè noi). Gli oggetti sottili o forme pensiero (vritti), che emergono nell'ambito della mente non sono nostri. Sono proiezioni di Isvara. Noi, la coscienza onnipervasiva, siamo per definizione incapace di eseguire azioni, e quindi noi, la consapevolezza, non pensiamo i pensieri. Noi, la consapevolezza, siamo sempre totalmente senza pensieri.
Pertanto la nozione di libero arbitrio non si applica a noi.
Quando noi, per mezzo del meccanismo dell'intelletto, siamo in grado di distinguere chiaramente tra noi stessi e gli oggetti / pensieri che appaiono nell'ambito del nostro essere, allora potremmo riconoscerci come l'essere senza pensieri che siamo già. E infine, quando abbiamo pienamente assimilato la conoscenza della nostra natura fondamentale priva di pensieri nonostante la presenza o l'assenza di oggetti / pensieri, con una convinzione incrollabile nella nostra vera identità come pura consapevolezza illimitata, potremmo "raggiungere" la libertà che già abbiamo.
In questo modo, "vedremo" che semplicemente in virtù del fatto che è la nostra natura essenziale, noi da sempre "sperimentiamo" il nirvikalpa-samadhi.